Alcune volte, a seconda del giorno, ero ancora coperta dal piumone fiorito che riscalda il mio letto. Altre mi stavo preparando per uscire. Altre volte, le più fortunate, ero già uscita.
Da casa mia cominiciavo a sentire rumori inusuali.
Quando ero ancora avvolta dai fiori della coperta, li sentivo proprio alle mie spalle.Le prime volte, mi prendevano di sorpresa, facendomi venire il batticuore. In seguito, solo una serie di improperi e maledizioni.
Mi chiedevo: "Ma una casa loro non ce l'hanno? Una famiglia? Un amico? Un hobby? Una passeggiata da fare per distrarsi un attimo?"
La risposta: "No."
Incuranti del calendario e dell'invenzione dell'orologio, arrivavano alle otto.
A volte, in attimi di razzismo acuto, (di cui poi mi vergognavo) pensavo se questi alieni sarebbero stati felici di essere svegliati e di passare tutto un giorno di festa accompagnati da martelli pneumatici, mazzuoli e tremori di muri domestici.
Covavo vendetta. Un giorno, sì, sarei andata a irrompere nelle loro case, in qualche modo. A costo di comprare la casa accanto alla loro, fosse pure su Marte.
Una domenica mattina, durante la colazione, giù in cucina, circondata da onde acustiche e tremori fuori dal comune, mi prese la paura: ora mi crolla il muro.
Andai dagli alieni della porta accanto e cominciai a urlare, visto che non mi sentivano a causa dei boati emessi da strumenti di lavoro e di tortura.
Dopo qualche minuto, venne fuori uno di loro. Tipo curioso. Verde dal freddo e bianco dalla polvere. Alto, allampanato e stordito dai colpi del martello pneumatico, da cui non credo di riprenderà facilmente. Era un aiutante. Quello che tutte le mattine vedevo arrivare con una bici scassata e un ombrello mezzo rotto. Incappucciato così tanto da somigliare a uno spaventapasseri infreddolito.
Con un sorriso (o forse una paresi facciale) mi disse che non sarebbe successo niente di grave a casa mia. Sarebbero stati attenti. Avrebbero fatto in modo da non danneggiare niente. Intanto, io pensavo alla crepa che da qualche settimana si era formata sul muro della mia cucina e che mi toccava vedere ogni volta mi sedevo a tavola.
Tornai in casa combattuta tra due sensazioni: la rabbia e la soddisfazione di essere riuscita ad esprimere un mio bisogno e una lamentela a un estraneo che mi aveva veramente rotto.
Facendo alcuni lavori, ancora in cucina, qualche minuto dopo, un rumore ancora più assordante.
Veniva dall'angolo vicino al soffitto. Alzai gli occhi per capire cosa stessero facendo, proprio quando il muro di casa venne in fuori, creando come quei rigonfiamenti che si formano nella pasta del pane quando viene fritta. Quasi mi viene un colpo. Tirai un urlo: "Basta!!!! Fermi!!!!"
Uscii di nuovo fuori a chiamare gli alieni.
Questa volta, venne fuori l'alieno proprietario. Lui era molto più sicuro dell'altro del fatto suo. Quello che succedeva non era niente.
Lo portai a vedere il "bozzo". E gli feci ascoltare, battendoci sopra, che dietro il rigonfiamento c'era il vuoto.
Tutto a posto, tutto bene. Non si preoccupi. Vado di là e lo chiudo. Abbiamo tolto un trave.
Alieni bastardi! Ma neanche a casa propria tranquilli si può stare. Neanche per un giorno.
Perchè mai avevano deciso di venire ad abitare lì. E l'astronave, dove l'avrebbero parcheggiata, una volta trasferiti?
Mi sentii ferita come donna che abita sola. In poche parole, presa per il culo. Tanto una così, che se ne capisce di case.
E poi, anche lei è un'aliena.
Ora sono ancora a letto, a scrivere. E' festa. E' l'8 dicembre.
Dietro la spalliera del mio letto gli alieni stanno prendendo campo. Mi volto spesso per cercare di immaginare che cazzo di sistema di lavoro usano.
Ma temo che anche questa barriera tra noi alieni non terrà ancora a lungo.
Cristina
Crepa di casa mia
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